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22 marzo 2016

ARTE E SPIRITUALITA' AL TEMPIETTO DEL BRAMANTE

OMAR GALLIANI.
Estasi mistica e pienezza creativa. Per Santa Teresa d’Ávila
Roma, Tempietto del Bramante
Dal 22 aprile al 30 maggio 2016
Mostra promossa da: Università degli Studi Roma Tre,
Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia, Reale Accademia di Spagna a Roma.
A cura di: Mario Panizza e Otello Lottini
Un evento d’arte e spiritualità
nel complesso rinascimentale del Tempietto del Bramante,
presso San Pietro in Montorio a Roma

Un evento unico, perché in via del tutto eccezionale, l’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia e la Reale Accademia di Spagna a Roma hanno consentito a un artista italiano, Omar Galliani, di presentare all’interno dello straordinario scenario nel Tempietto del Bramante (adiacente all’Accademia di Spagna a Roma) la mostra “Estasi mistica e pienezza creativa. Omaggio a Santa Teresa d’Ávila”. Ideata e realizzata con il contributo scientifico e culturale dell’Università Roma Tre e con l’apporto del Rettore-architetto, Mario Panizza e di Otello Lottini, docente e Curatore della “Collezione d’Arte Contemporanea” dello stesso Ateneo.
Lo straordinario privilegio conseguito ha consentito a Omar Galliani di confrontarsi con due figure geniali dell’architettura e dell’ esperienza religiosa rinascimentale: Santa Teresa d’Ávila, sublime mistica spagnola di cui ricorre il quinto centenario della nascita, e il Tempietto del Bramante al Gianicolo, uno dei luoghi simbolo della Cristianità e di Roma, nonché capolavoro architettonico, divenuto subito modello del tempio cristiano rinascimentale, all’origine degli analoghi edifici religiosi dell’epoca in tutta l’Europa.
Galliani si è fatto affascinare da questo confronto ravvicinato e potente. E lo ha affrontato partendo da un focus di grande fascino: l’immagine romantica dell’artista che crea le sue opere, che esprime la sua pienezza creativa, solo quando riesce a raggiungere uno stato di sublimazione di se, di trance si direbbe oggi, molto simile all’estasi mistica. E non a caso questa mostra assume il titolo di “Estasi mistica e pienezza creativa”.
L’artista nel ri - creare l’esperienza mistica e spirituale della Santa, si è mosso su una dinamica interpretativa, in cui la coscienza creativa di oggi ingloba nel suo segno i valori spirituali e morali, espressi da Santa Teresa. Avendo ben presenti anche i valori simbolici e storico - formali dello spazio, che ospita le opere.
I quattro lavori che ha creato per questa sua istallazione site specific offrono una concentrazione di segni (tutti appartenenti al repertorio formale di Galliani), realizzata con raffinata depurazione della materia. A voler esprimere una profonda e complessa lettura dell’evento mistico di Santa Teresa e del contesto spaziale, che si precisa come dinamica spirituale, tensione emozionale e finezza artistica.
Per questo confronto, Galliani ha scelto di operare su materiali diversi (tavola, marmo, legno dorato) e diversificati, dal punto di vista formale e strutturale (quadri e sculture).
I quadri sono tre: uno frontale, ai piedi dell’altare, e due laterali (tutti autoportanti, per rispetto del luogo), realizzati in punta di matita su tavola: sono disegni, realizzati con la tecnica originale messa a punto da Galliani, all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso e che costituisce un vero e proprio idioletto linguistico, cioè un segno lampante e riconoscibile della sua creatività.
Anche il lavoro di scultura (presente da sempre nelle realizzazioni di Galliani, seppure praticato in modo più discontinuo), viene però usato (come in questo caso), in funzione dell’arricchimento significante, formale e ideale, dell’idea progettuale.
L’immagine della Santa si incontra nelle tavole laterali, ed è colta nell’istante dell’abbandono mistico, mentre la tavola centrale, che raffigura un mazzo di rose, è collocata ai piedi dell’altare. E’ come una offerta e un dono mistico dell’artista all’immagine di San Pietro, che sovrasta l’altare, e si collega anche simbolicamente, attraverso sottili relais di materiali e di tecnica artistica, all’immagine di Santa Teresa.
La freccia mistica, in legno dorato, che fuoriesce dal foro, in corrispondenza del luogo della crocifissione dell’Apostolo, proietta la sua ombra sulla Santa, realizzando un ulteriore collegamento tra Santa Teresa e San Pietro, tra testo e contesto, verrebbe da dire.
Infine, anche le due piume di angelica purezza, in marmo di Carrara, collocate ai piedi delle due immagini della Santa, realizzano un significativo contrasto semantico tra la terra e il cielo, tra la leggerezza dell’angelo (enunciata in forma metonimica) e la pesantezza della materia terrena (la pietra, il marmo).
Per l’artista e per i promotori, l’obiettivo della mostra è quello “di presentare al pubblico italiano l’esperienza religiosa e culturale della grande mistica spagnola del XVI secolo, nella convinzione che, nel contesto di globalizzazione e di crisi economica attuale, la sua esperienza mistico - religiosa (ben relazionata anche con una frenetica attività pratica e con una straordinaria e “descuidada” scrittura) costituisca ancora una significativa risorsa culturale ed emozionale”.
Informazioni e prenotazioni:
Ufficio Stampa:
Università degli studi Roma Tre
Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Spagna in Italia
Reale Accademia di Spagna a Roma

IL MAGA DI GALLARATE SI SUPPORTA CON BEART

MA*GA WANTS YOU!
SUPPORTA IL MA*GA CON BeArt
Un piccolo contributo, per essere parte di una grande identità!





Un piccolo contributo donato attraverso BeArt, piattaforma di crowdfunding dedicata al mondo dell’arte (www.beartonline.com), ci renderà parte del grande patrimonio del Museo MA*GA di Gallarate (VA).
Il MA*GA chiede dunque il supporto di tutti gli appassionati dell’arte per rendere il pubblico partecipe e attento alle tematiche offerte dall’arte dei nostri giorni e a continuare a garantire mostre, conferenze, corsi di aggiornamento, laboratori per le scuole di ogni ordine e grado e progetti speciali dedicati ai bambini e alle famiglie. 
Il Museo è stato anche eletto  da moltissimi studenti universitari, luogo di studio accogliente e funzionale per eccellenza , dotato di connessione wi-fi gratuita, e il bar, luoghi di aggregazione e di incontro .
L'importanza del MA*GA non è solo locale: da aprile 2015 a gennaio 2016, il Museo ha ospitato la mostra Missoni, l’arte, il colore che ha accolto 40.000 visitatori dall’Italia e dall’estero.
Dal 16 aprile 2016, si terrà la mostra ABITARE è essere ovunque a casa propria. Opere e ricerche nell’ambiente urbano 1962-2016, dedicata all'artista, architetto e designer Ugo La Pietra.
In occasione di quest’esposizione, chi supporterà il MA*GA su BeArt avrà la possibilità di ottenere al costo di € 110,00, l’opera Scaramanzia di Ugo La Pietra: un vasetto di ceramica, che l’artista ha realizzato in 100 multipli numerati e firmati in occasione della prossima mostra personale dedicata all’artista  al MA*GA dal 16 aprile al 18 settembre 2016.
Tra i principali artisti presenti in collezione, C. Carrà, M. Sironi, A. Del Bon, F. De Rocchi, R. Guttuso, E. Treccani, E. Morlotti, G. Santomaso, G. Ajmone, V. Tavernari, Afro, A. Soldati, L. Veronesi, E.  Prampolini, B.  Munari, Arnaldo e Gio Pomodoro, F. Melotti, L. Fontana, A. Bonalumi, E. Vedova, G. Colombo, Dadamaino, G. Varisco, P. Gilardi, Studio Azzurro, G. Mauri, fino ai giovanissimi, ma già rinomati, L. Cecchini, E. Borghi, P. Calignano, L. Moro, A. Paci, L. Vitone, O. Mocellin e N. Pellegrini e alle recenti acquisizioni delle opere video di Marcel.lì Antunez Roca, Bianco-Valente e Alice Cattaneo.

#beart
#Magagallarate
#arte


21 marzo 2016

Pietro Ruffo alla Fondazione Puglisi Cosentino di Catania



 a cura di Laura Barreca


INAUGURAZIONE

Sabato 2 aprile ore 16.30

CATANIA, Fondazione Puglisi Cosentino
Palazzo Valle, via Vittorio Emanuele 122


La Fondazione Puglisi Cosentino e la Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, annunciano l’apertura, dal 3 aprile al 10 luglio, a Catania, nella sede della Fondazione Puglisi Cosentino, di Breve storia del resto del mondo, l’ampia personale di Pietro Ruffo, a cura di Laura Barreca.

Breve storia del resto del mondo riunisce una spettacolare sequenza di opere di grandi dimensioni realizzate dall’artista romano dal 2005 ai giorni nostri. Compone una sorta di viaggio visivo sul concetto  di libertà o dei principi liberali nella storia politica dei continenti, attraverso i temi della colonizzazione, delle divisioni culturali, sociali, religiose .

Pietro Ruffo costruisce un percorso espositivo che guida al riconoscimento di alcuni “padri-ispiratori” del pensiero liberale e costituzionale: il politologo inglese Isaiah Berlin, cui l’artista dedica nel 2010 la serie di grandi ritratti I sei traditori della libertà, in mostra a Catania; poeti come il libanese Khalil Gibran, cui è dedicata l’opera Liberty House (2011), una piccola costruzione architettonica che rappresenta il concetto che si è davvero liberi solo se la ricerca della libertà diventa pratica quotidiana e interiore. 

Attualissima traduzione artistica di una condizione geopolitica internazionale, la mostra è una riflessione più ampia sulle questioni da cui sono originate le più recenti e disastrose piaghe sociali: dal colonialismo, alla primavera araba, dal fondamentalismo islamico alle rivolte per i diritti dei lavoratori in Sud Africa.


Ad apertura e chiusura della mostra, l’opera The Colours of Cultural Map (2015) commissionata da Luciano Benetton per il progetto Imago Mundi, un grande atlante dei paesi del mondo e delle differenze che uniscono i popoli; e SPADSVII, commissionato dalla Galleria nazionale d'arte Moderna di Roma, un biplano di dimensioni reali realizzato interamente in legno e carta.

Vincitore del Premio Cairo e del Premio New York all’Italian Academy for Advanced Studies at Columbia University nel 2010, Pietro Ruffo è oggi riconosciuto come uno degli artisti italiani più interessanti a livello internazionale. Tra i progetti più significativi, si segnalano: A complex istant -Moscow, Progetto speciale per la quarta biennale di Mosca, SLASH, paper under the knife, MAD Museum of Art and Design, New York; Apocalittici e Integrati, MAXXI, Museum of XXI Century Art, Roma. Nell’estate del 2015 realizza una scenografia per la sfilata di Valentino, che ha visto l'artista cimentarsi con un’opera su scala urbana costruendo un'intera piazza ispirata al concetto di stratificazioni.

“PIETRO RUFFO. Breve storia del resto del mondoCatania, Fondazione Puglisi Cosentino (Palazzo Valle, via Vittorio Emanuele 122) 3 aprile – 10 luglio 2016.

Orario: dal martedì alla domenica 10-13.00; 16.00-19.30.
Il sabato sino alle 21.30; chiuso il lunedì; aperture straordinarie su prenotazione.
La biglietteria chiude mezz’ora prima.
Biglietti interi: 8 euro, ridotti: 5 euro, i pomeriggi di martedì e venerdì ingresso 3 euro.
Visite guidate e laboratori didattici a cura di IDENTITAS
e-mail: mostraruffo@fondazionepuglisicosentino.it, +39 329 4571064

Mostra a cura di Laura Barreca, promossa dalla Fondazione Puglisi Cosentino e la Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo

Monografia sull’artista a cura di Laura Barreca, edita da Silvana Editoriale.

Per informazioni e prenotazioni:
Fondazione Puglisi Cosentino tel. +39 095 7152118
info@fondazionepuglisicosentino.it
www.fondazionepuglisicosentino.it 

Auditorium: oltre 20.000 presenze a Libri come 2016


Roma, 20 marzo 2016: si e' conclusa con oltre 20.000 presenze la settima edizione di Libri come all’Auditorium Parco della Musica

(Crediti fotografie : Riccardo Musacchio & Flavio Ianniello)



Andrea Camilleri a dx


Si conclude oggi, 20 marzo 2016, con la maratona finale dedicata a Roma nella Sala Petrassi, la settima edizione di Libri come, la Festa del libro e della lettura organizzata dalla Fondazione Musica per Roma all’Auditorium Parco della Musica.  Quest’anno,  nell’arco di soli due giorni dopo l’inaugurazione di venerdì,  oltre 20.000 spettatori hanno seguito i circa 150 eventi in programma.

Due giorni interamente dedicati a incontri, conferenze, proiezioni, presentazioni di libri, laboratori di scrittura creativa, incursioni teatrali, mostre, che hanno visto la partecipazione di oltre 400 autori, professionisti e operatori del settore e che hanno avuto al centro il tema di Roma e delle città contemporanee.
Sophie Kinsella

In allegato alcune foto di oggi e di due protagonisti dell’ultima giornata: Andrea Camilleri e Sophie Kinsella 
Andrea Camilleri

#libri
#libricome
#sophiekinsella
#andreacamilleri

Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti in "Matti da slegare" (22-23 marzo)

TEATRO COMUNALE DI MONFALCONE / STAGIONE 2015-2016
Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti, diretti da Gioele Dix,
in Matti da slegare (22-23 marzo)

Giobbe Covatta, Gioele Dix ed Enzo Iacchetti © Angelo Redaelli


Il cartellone di prosa del Teatro Comunale di Monfalcone prosegue, martedì 22 e mercoledì 23 marzo alle ore 20.45, con Matti da slegare, delicata e divertente commedia che vede protagonisti Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti, diretti da Gioele Dix: tre fra i più apprezzati, popolari e sensibili personaggi dello spettacolo italiano. Le loro caratteristiche umane ed artistiche garantiscono, infatti, un approccio fresco, ironico, divertente e delicato a un tema rilevante come quello della malattia mentale. Nessun tentativo di patetismo o traccia di retorica in questo leggero e al contempo intenso ritratto di vita e amicizia, di passioni e dolori, di fobie e scelte coraggiose.
Tratto dalla commedia Elling & Kjell Bjarne del norvegese Axel Hellstenius (da cui fu tratto nel 2001 il film Elling diretto da Petter Næss, candidato all’Oscar come miglior film straniero), lo spettacolo è prodotto dal Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e da Mismaonda e vede in scena, al fianco di Covatta e Iacchetti, anche Irene Serini e Gisella Szaniszló.
Dopo parecchi anni vissuti in una struttura psichiatrica protetta, dove sono diventati amici inseparabili, Elia e Giovanni vengono “promossi” e mandati dal sistema sanitario a vivere da soli in un appartamento nel centro della città. Si tratta di un esperimento e di una prova molto importante per loro: dovranno cercare di inserirsi nella società e dimostrare di saper badare a se stessi.
Elia ha vissuto sempre con la madre, imbastendo con lei un rapporto morboso ed esclusivo. Alla morte della donna, si è quindi rivelato totalmente incapace di prendersi cura di sé e il suo ricovero è stato inevitabile. Il lungo trattamento terapeutico non ha però fiaccato la sua profonda sensibilità e un senso innato dell’autoironia. Giovanni, il compagno di avventura, è al contrario un omaccione dai modi ruvidi e spicci, fissato col cibo e soprattutto col sesso, che peraltro non ha ancora avuto modo di sperimentare. È un uomo generoso e impulsivo, la cui fragilità è segno del disperato tentativo di cancellare le ferite procurategli da una madre alcolista e un patrigno violento.

Matti da slegare racconta il percorso tortuoso, complicato ed esaltante che condurrà i due “matti” a slegarsi dai tanti fantasmi che li hanno resi infelici per gran parte della loro vita. Entrambi riusciranno a trovare una strada personale per il reinserimento nel mondo.

Nell'ambito di "Dietro le quinte", la serie di iniziative legate ai cartelloni di musica e prosa, realizzata in collaborazione con l'Associazione "Per il Teatro di Monfalcone", mercoledì 23 marzo, alle ore 19.15, al Bar del Teatro, Giobbe Covatta ed Enzo Iacchetti incontreranno il pubblico; l’ingresso è libero.

Biglietti in vendita presso: Biglietteria del Teatro (tel. 0481 494 664, da lunedì a sabato, ore 17-19), ERT di Udine, Biblioteca Comunale di Monfalcone, prevendite Vivaticket e on line su www.vivaticket.it. La Biglietteria del Teatro accetta prenotazioni telefoniche.

#teatro
#giobbecovatta
#enzoiachetti
#monfalcone


TESTACCIO : STORIA E ARCHITETTURA

Nell’ambito del programma della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
Educare alle mostre educare alla città
TESTACCIO.
Storia della città-antropologia-sociologia urbana-documentazione per una lettura del quartiere
a cura di Lidia Piccioni, Roberta Tucci, Luciano Ledda, Francesca Romana Stabile
martedì 22 marzo, ore 16.00
DIPARTIMENTO ARCHITETTURA DI ROMA TRE - AULA MAGNA 
VIA ALDO MANUZIO, 58
ingresso gratuito

Non era un quartiere di periferia come San Lorenzo.
Benché abitato anch’esso in prevalenza dal ceto operaio,
sole poche strade lo separavano dai quartieri borghesi
Elsa Morante

Area produttiva e industriale, Testaccio viene concepito come quartiere operaio della nuova capitale. Ma, al di là della destinazione popolare, il rione ha gradualmente modificato il suo tessuto, accogliendo oggi realtà diverse e istituzioni culturali di primaria importanza
Per approfondire da angolature diverse e interdisciplinari - storia della città, antropologia, documentazione - la conoscenza del rione Testaccio, una delle zone particolarmente significative delle trasformazioni della città tra XIX e XXI secolo sarà proposto un incontro a più voci presso il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, martedì 22 marzo, ore 16.00.
L’iniziativa è promossa da Roma Capitale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e fa parte del ciclo didattico “EDUCARE ALLE MOSTRE EDUCARE ALLA CITTÀ”, con appuntamenti e visite condotti da direttori e curatori dei musei, esperti e studiosi universitari.
L’incontro, a cura di Lidia Piccioni, Francesca Romana Stabile, Roberta Tucci e Luciano Ledda, sarà articolato in tre diversi momenti.
Verrà innanzitutto presentata una sintesi delle tappe salienti della nascita e dello sviluppo urbano di Testaccio alla luce degli studi esistenti, in cui verranno offerti spunti per una riflessione metodologica sulla ricerca relativa a un quartiere, dal punto di vista della storia contemporanea nel confronto con altre discipline.
La sua fisionomia è caratterizzata dall’insediamento del nuovo Mattatoio, realizzato tra il 1888 e il 1891 su progetto dall’architetto comunale Gioacchino Ersoch, e da una edilizia abitativa destinata alle classi popolari: dalle case alveare, costruite tra il 1883 e il 1905, ai progetti realizzati tra il 1909 e il 1917 da Giulio Magni e Quadrio Pirani, per conto dell’Istituto romano per le case popolari, fino agli stabili di via Marmorata, progettati da Sabbatini e Costantini nel 1930.
Dopo la chiusura nel 1975 del Mattatoio, che ha costituito per oltre ottanta anni il fulcro produttivo della zona, e un periodo di degrado e marginalità, Testaccio ha assunto dalla metà degli anni Novanta un ruolo attrattivo nella vita della città diventando con una trasformazione progressiva un importante polo culturale oltre che residenziale.
Nell’ambito degli interventi di recupero dell’ex Mattatoio e del Campo Boario è stato programmato da parte dell’amministrazione capitolina il riuso dei vecchi padiglioni per realizzare la Città delle Arti, con spazi polivalenti dedicati alla cultura e alla formazione tecnica e artistica. Attualmente questi spazi comprendono il Macro, il Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, l’Accademia di Belle Arti, la Scuola popolare di musica di Testaccio. Ad essi si aggiungono, insieme con altri insediamenti, le aree e i padiglioni della Città dell’Altra Economia e della Pelanda.
Verranno inoltre presentati i risultati della ricerca sul campo, anche con documenti audio-visivi sulla religiosità popolare del rione Testaccio, condotta tra il 2010 ed 2012 che ha riguardato i due eventi di maggiore rilievo nel ciclo festivo annuale del rione, la Via Crucis del Venerdì Santo sul monte Testaccio e la processione della patrona, Santa Maria Liberatrice, l’ultima domenica di maggio: eventi che sono stati osservati in modo partecipativo, da vicino, con la collaborazione degli attori sociali.
Verrà illustrata infine l’attività del Centro di documentazione AUT – Archivio Urbano Testaccio del Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre, che ha come obiettivo lo studio del quartiere Testaccio e dell’ex Mattatoio – Campo Boario tramite la raccolta di materiale documentario, ricostruzioni digitali, tracce audiovisive sulla storia del tessuto urbano ed edilizio, al fine di promuovere, oltre alla conoscenza del quartiere, la sua valorizzazione e conservazione. Il centro avrà uno spazio dedicato della biblioteca aperto al pubblico e sarà accessibile anche on-line attraverso il sito web: http://aut.uniroma3.it.
Lidia Piccioni
è professore associato di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Storia, Culture, Religioni della "Sapienza" Università di Roma. Studiosa della società urbana e delle trasformazioni del territorio tra Ottocento e Novecento, con particolare attenzione alla città di Roma, su questi temi ha pubblicato numerosi lavori tra cui le monografie: San Lorenzo. Un quartiere romano durante il fascismo , Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1984 (ristampa 2002); I Castelli romani. Identità e rapporto con Roma dal 1870 a oggi , Laterza, Roma-Bari 1993. Ha ideato e dirige, dal 2006, il progetto: "Un laboratorio di storia urbana: le molte identità di Roma nel Novecento"(premio “Il Campidoglio” per la cultura 2008)
Francesca Romana Stabile
è professore associato presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi Roma Tre, dove insegna Restauro architettonico. La sua attività di ricerca si concentra sullo studio dell’architettura regionalista e sul recupero dei centri storici. Coordina l'Archivio Urbano Testaccio - AUT del Dipartimento di Architettura, http://aut.uniroma3.it. Tra le sue pubblicazioni "La Garbatella a Roma: architettura e regionalismo" (Editrice librerie Dedalo, 2012)
Roberta Tucci
demoetnoantropologa, opera presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Ha curato la normativa della scheda BDI per i Beni demoetnoantropologici immateriali (2002, 2006). Ha effettuato ricerche sul campo in diverse regioni dell’Italia centro-meridionale. Tra le sue pubblicazioni: I beni culturali demoetnoantropologici (con G. L. Bravo), Roma 2006; Beni culturali immateriali, in Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, IX Appendice, Roma, Treccani, 2015.
Luciano Ledda
demoetnoantropologo, ha studiato in particolare gli aspetti della religiosità locale di Testaccio unendo la ricerca sul campo alla campagna catalografica con schede BDI e BDM
DIPARTIMENTO ARCHITETTURA DI ROMA TRE - AULA MAGNA 
VIA ALDO MANUZIO, 58
INGRESSO GRATUITO
Prenotazione obbligatoria
060608 (dalle 9.00 alle 21.00)


LA TELA VIOLATA: ARTISTI DELLA TERZA DIMENSIONE A LUCCA

La tela violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
fino al 19 giugno 2016
a cura di Maurizio Vanni

Paolo Scheggi- Intersuperficie curva, 1968


 “La tela violata. Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione”, a cura di Maurizio Vanni, organizzata dal Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art e prodotta da MVIVA in collaborazione con Spirale d’Idee.
Tema centrale lo Spazialismo con particolare attenzione a Azimuth, rivista fondata da Piero Manzoni e Enrico Castellani che coinvolgeva intellettuali, critici d’arte e artisti nel dibattito su cosa rappresentasse l’arte, e Azimut, spazio espositivo fondato sempre da Manzoni e Castellani, in collaborazione con Agostino Bonalumi.

Azimut/h hanno avuto un eco e un effetto domino quasi inimmaginabile per mezzo di una dirompente sperimentazione e una dissacrazione degli strumenti del fare arte che propone allo spettatore il ruolo  di completare il lavoro dell’artista chiamato a violare la tela. La genesi di questa rivoluzione concettuale si può ritrovare nel manifesto per l’Arte integrale di Lucio Fontana.  Il primo Manifesto dello Spazialismo (1946) propone una nuova arte che avrebbe dovuto essere caratterizzata dallo studio fisico della materia, del colore e del suono in movimento, del ritmo che poteva scaturire da un lavoro nuovo sul palinsesto pittorico. L’obiettivo era di superare i limiti bidimensionali della tela per creare uno spazio che fosse, al tempo stesso, fisico e concettuale.

Lo Spazialismo ha formato i presupposti che hanno portato molti artisti a basare la proposta artistica sul superamento dei confini dell’opera, sulla violazione della tela, sulla necessità di ridiscutere i tempi e i modi del dipingere e sul bisogno di rivedere il ruolo del pittore e dello spettatore. Per questi artisti, il supporto diventa l’anima di tutto il lavoro, l’elemento portante e definitivo e lla scoperta di uno spazio nuovo che la tecnica tradizionale non avrebbe potuto favorire.
  
Tutto ha inizio con Lucio Fontana e il suo Manifesto Blanco. In esposizione nella sala principale del Museo dodici opere. I suoi celebri Tagli, che compaiono nel 1957 e trovano la loro compiutezza in una serie di opere intitolate Concetto spaziale. Attese, sono lavori caratterizzati da uno o più tagli verticali, netti, decisi, perentori, con cui l’artista invade la tela monocroma. Il taglio è un gesto che attraversa la tela, che impiega un tempo a percorrerla, un’attesa, e conferma una continuità tra lo spazio esterno e quello interno del piano.
Il Manifesto Spazialista non poteva passare inosservato a tanti artisti italiani che sentivano l’esigenza di andare oltre il palinsesto tradizionale utilizzato in pittura e Alberto Burri fu tra questi. L’artista umbro, in mostra con 3 opere, prende le distanze dalla superficie pittorica tradizionale intervenendo sulle tele con azioni e stratificazioni che ne riconcepivano l’aspetto – attraverso l’uso di materiali fino allora inediti – in grado di trasformare in opera quello che in passato poteva essere definito supporto. I sacchi di juta, le combustioni di plastiche industriali e i catrami creano uno strumento di dialogo aperto con il pubblico.
Agostino Bonalumi e Enrico Castellani danno vita a un percorso di ricerca sulle infinite possibilità spaziali fornite dall’estroflessione della tela che ormai aveva superato i confini della cornice dialogando in modo diretto con lo spazio. Bonalumi, al quale è dedicata una sala con 10 opere, si inserisce giovanissimo nel clima artistico milanese frequentando lo studio di Enrico Baj dove conosce Lucio Fontana, Piero Manzoni e Enrico Castellani. Quella di Bonalumi è una ricerca che tende a legarsi al design, con il “quadro-oggetto” che, strutturandosi in superfici monocrome a rilievi articolate secondo una simmetria assiale, invade lo spazio circostante arrivando a creare uno “spazio-ambiente”.
Anche Castellani, in mostra con 7 lavori, avvia un percorso rigoroso di studio sulle possibilità di analisi dell’estroflessione delle tele mediante l’utilizzo di chiodi e centine inserite dietro la tela.
Paolo Scheggi, al quale è dedicata una sala con 2 opere, invece, comprende l’importanza del dialogo tra ricerche artistiche e architettura attraverso un percorso creativo che lo porta a indagare lo spazio e a violare la tela attraverso una “progettazione totale”. Ne scaturiscono delle “inter-superfici”, spazi indagati oltre la tela, sopra e sotto il livello della materia-colore, sperimentando per la prima volta le relazioni tra i diversi livelli di spazialità, dapprima sovrapponendo lamiere e dopo utilizzando tele monocrome assemblate le une sulle altre. Strutture diversamente forate in superficie, in forme ellittiche irregolari, seppur con percorsi progettuali studiati. Anche il suo spettatore è chiamato a diventare, al tempo stesso, fruitore e co-autore, scegliendo come interagire con lo sguardo, con il corpo e con la mente.
Per Turi Simeti, presente con 9 opere, la ciclicità spaziale della vita è enfatizzata attraverso armonie plastiche ellittiche che affiorano, in modo raffinato, sotto il supporto bidimensionale della tela. Simeti viola la tela per avere un contatto fisico con la tridimensionalità: inizialmente con applicazioni a rilievo sopra la superficie del supporto, in seguito con l’estroflessione che segna il suo primo passo verso una pittura-oggetto.
Rispetto ai predecessori dell’estroflessione Giuseppe Amadio, in mostra con 8 lavori, viola la tela movimentandone la superficie in modo più irregolare con punti, linee, curve, angoli e varie forme geometriche. Il suo è un lavoro caratterizzato dalla plasticità del segno che si risolve in una sorta di labirinto di linee curve enfatizzate da luci, ombre e tensioni interiori ed esteriori.

La tela violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
19 marzo – 19 giugno 2016
a cura di Maurizio Vanni
Per info:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca tel. +39 0583 492180

Orario mostra:
Dal martedì alla domenica ore 10 - 19
Chiuso il lunedì

Biglietti: intero 9 €; ridotto 7 €

19 marzo 2016

GUALTIERO MARCHESI "OPERE WORKS"


Questo è un libro di piatti e non di tecniche o di ricette.
Un libro che fa appello alle immagini, alla composizione, all’idea. 
Dietro ognuno di questi piatti c’è un pensiero e l’ispirazione legata, 
di volta in volta, a un oggetto, un libro, un incontro, una situazione 
in cui la libertà di spirito non esclude il piacere del gioco. 
L’idea e l’immagine corrispondono al concetto che la forma è materia,
che il bello puro è il vero buono
Oggi, si straparla di creatività, col risultato di pasticciare nel piatto, 
alla ricerca dell’effetto, d’épater le bourgeois e le petit bourgeois, 
scordandoci che il rispetto per la materia prima, per le mille forme che assume, 
è un fatto che riguarda sia la salute sia l’estetica. 
La cucina come la musica è fatta di compositori e di esecutori.
I centotrentatrè piatti che presento sono il catalogo di una vita 
in cui ho sempre cercato di andare oltre il soddisfacimento dell’appetito, 
l’interesse o l’esibizione. Piatti che, spesso, sono nati dal lavoro in cucina, 
accanto ai giovani cuochi che si sono succeduti nel corso degli anni. 
Persone che, un certo giorno, ho spinto ad andare fuori, all’estero 
e in particolare in Francia, dove anch’io sono cresciuto dal punto di vista della tecnica. 
L’amore per le arti e l’amicizia con molti artisti hanno guidato e alleviato 
il duro lavoro quotidiano del cuoco, riuscendo, forse, a trasformare il mestiere 
in un linguaggio che può essere accostato ad altri linguaggi artistici.
Questo libro, che sento profondamente mio, lo documenta senza retorica. 
Se ci sono riuscito, lo dirà il tempo.
Allora, più che buon appetito, buona visione. 
Gualtiero Marchesi


“OPERE/WORKS” 

Autore: Gualtiero Marchesi

Uscita: 19 marzo 2016
. 133 immagini di piatti
. una conversazione con Gillo Dorfles
. testi a cura di Nicola Dal Falco
Formato: 27x26 cm Pagine: 188
Prezzo: 50 €
ISBN: 978-88-97202-89-9 
Lingua: italiano e inglese 
Editore: Cinquesensi


Si intitola Opere/Works il nuovo libro di Gualtiero Marchesi
in libreria dal 19 marzo.
Edito da
Cinquesensi, sarà presentato a Milano
in occasione dell’ottantaseiesimo compleanno
del Maestro della Nuova Cucina Italiana,
Il ricavato del libro sostiene la
Fondazione Gualtiero Marchesi.
19 MARZO ore 11,30. Milano – Libreria Hoepli
23 MARZO ore 18.30. Milano - Libreria Feltrinelli Duomo
2 APRILE ore 18. Varese - Libreria Feltrinelli, Corso Aldo Moro
3 APRILE ore 18. Como - Libreria Feltrinelli, via Cesare Cantù
4 APRILE ore 17. Busto Arsizio - Ristorante Buongusto, viale Pirandello
6 APRILE ore 18. Roma - Libreria Feltrinelli Galleria Colonna
9 APRILE ore 18. Brescia - Libreria Feltrinelli Corso Zanardelli
10 APRILE ore 19. Verona - Libreria Feltrinelli Via Quattro Spade
11 MAGGIO. Firenze – In occasione della mostra Da Kandinsky a Pollock.
12 MAGGIO. Firenze - Artigianato e Palazzo
16 MAGGIO - Santa Lucia di Piave - Gourmandia
18 GIUGNO RAGUSA - A Tutto volume

Da IL SAPORE DELL’ESTETICA
Conversazione tra Gillo Dorfles (D) e Gualtiero Marchesi (M),
con Aldo Colonetti (C) in regia
(…)

C. Cosa vuol dire difetto per te, Gualtiero? Difetto nel significato che dice Gillo, cioè che ogni cucina è espressione di una realtà individuale relativa e dunque per sua natura portatrice di pregi ed errori?
M: Esatto, perché naturalmente poi l’uomo ci mette del suo e finisce col rovinare tutto. Recentemente sulla copertina della pagina de La Lettura del Corriere della Sera ho pubblicato un’immagine provocatoria: ho impiattato due tranci d’orata al vapore. Punto. Senza null’altro. A voler dire che la materia prima va non solo rispettata ma ha già in sé tutto il suo gusto.
D: In fondo, in un certo senso, la cucina è un’anti-natura perché, contrariamente a quello che si pensa è sempre artificiale. Quindi, direi che l’uomo appena ha potuto non si è più servito degli elementi naturali ma ha pensato di alterarli.
M: … con questa interpretazione sono tornato alla purezza della materia e in mezzo a questo piatto ci sono due tranci di pesce, semplicemente cotti senza niente, senza nemmeno il sale. Perché tu mangi la natura, il pezzo di pesce, come puoi mangiare un pezzo di carne, una verdura; la consumi per il suo sapore, per quello che può e sa darti, senza metterci condimenti o elementi che la alterino. Noi invece siamo abituati a salare, a mettere olio, a mettere di tutto, ma i prodotti sono buoni così come sono. (…)

Da Parole
a cura di Nicola Dal Falco
La seppia con il suo nero è come dire l’ostrica con la sua perla, la chiocciola con il suo guscio: ciò che vedi e ciò che si nasconde. Una metafora bella e pronta della vita, facile da vivere e misteriosa da capire. Per Marchesi, servì anche a liberarsi dall’influenza francese, da delle petulanti foglioline di cerfoglio.
La seppia al nero rappresenta quanto e più di altri piatti lo stupore e la dedizione nei confronti delle materia al punto che non c’è quasi aneddoto nel raccontarne la nascita.
«Avevo tra le mani una seppia così bella – dice il maestro - e potrei aggiungere perfetta che ho pensato solo a come mostrarla.
«Ho preso, allora, la vescica con l’inchiostro e l’ho svuotata, diluendo il nero con l’acqua e legandolo con un po’ di burro in modo che acquistasse il giusto grado di sericità.
Su questo fondo, ho appoggiato la seppia, cotta in un primo tempo in padella, ma poi, nella versione definitiva, passata al vapore.
«Cosa ho fatto? Ho esaltato la natura della seppia, portando alle estreme conseguenze l’idea che la forma, ogni forma, è materia. Quando questo concetto si trasforma in regola, la cucina si semplifica e rischia seriamente di cogliere l’essenza del discorso: come trasformare cioè la natura in cibo senza tradirla». (…)
In questo libro dove la cucina assume veste e sostanza di opera, senza dilungarsi in elenchi di ingredienti, quantità e procedimenti, si respira un’aria primaverile. Quasi una villeggiatura rispetto al luogo chiuso, sistematico, della ricetta. Per una volta, il piatto va solo contemplato come prodotto dello spirito, vagheggiamento dell’occhio, composizione.
Messe così le cose, per volontà esplicita del Maestro, restava solo da aggiungere delle note ai piatti.
Qualche parola, appunto, non troppe, perché l’effetto rimbalzasse nell’immagine.
Chi volesse esercitarsi nella critica della cucina di Marchesi ha, già, a disposizione formule e concetti, elaborati da Marchesi durante la sua lunga carriera.
Mi riferisco a termini chiave come la forma è materia, il bello puro è il vero buono, alla supremazia della semplicità legata a un indiscutibile senso della composizione, ad affermazioni concrete e prive perciò di retorica: chi sa cucinare fa salute, a citazioni d’ogni genere, compreso un proverbio brasiliano, particolarmente calzante: lascia com’è per vedere come rimane.
Marchesi è veramente un libro aperto, un’opera senza steccati, più forte delle parole che si possono spendere per definirla, magnificarla o sminuirla, perché, come dice lui stesso questa è la cucina della verità, ovvero della forma, quindi della materia.


Gruppo Gualtiero Marchesiinfo@marchesi.it - Tel +39 02 36706660
Ristorante Marchesi alla Scala
Tel +39 02 72094338
ristorante@marchesi.it - www.marchesi.it

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PINOCCHIO VOL.1 REDUX AL TEATRO DELL'OROLOGIO

Teatro dell’Orologio
stagione 2015 – 2016
CAMBIAMENTO REALE

PINOCCHIO vol.1 - Redux
CARVELLI / CUSATO
dal 22 al 25 marzo 2016

di Andrea Carvelli
con Anton De Guglielmo
e la partecipazione di Francesco Turi, Emilio Barone e Alessandra Chieli
regia Matteo Cusato
musiche Marco Cinquegrana
disegno luci Rosa Martini
scenografia e costumi Andrea Carvelli
produzione Andrea Carvelli, Matteo Cusato, Francesco Turi e Ass. Cult. Rialto Sant’Ambrogio

SALA GASSMAN
da martedì a venerdì ore 20:00



Adattamento in endecasillabi a rima baciata del libro di Collodi diviso in tre parti. Questo “vol. 1” affronta la storia come volle concluderla l'autore in prima scrittura, dove il percorso di Pinocchio, è se l’attraversamento dell’Erebo, del Regno dei Morti. La trasformazione del burattino in bambino, è vista sotto l’ottica di un vero e proprio incubo dal quale Pinocchio non potrà più svegliarsi. Il suo processo di formazione è una via nella notte, la strada dentro il sonno eterno degli esseri: dove il corpo (bambino) ha l’inevitabile destino della fine e l’anima (burattino) tutto il tempo dell’immortalità.



ANDREA CARVELLI
Andrea Carvelli si occupa di drammaturgia in versi. Ha collaborato con Ck Teatro in vari spettacoli. E’ stato tra gli organizzatori della riapertura del Rialto Sant’Ambrogio dell’aprile 2014.


MATTEO CUSATO
Montatore e documentarista, ha realizzato cortometraggi, videoclip e documentari tra cui Terra di transito, con cui ha vinto il Contest 014 organizzato dal Nuovo Cinema Aquila.
Pinocchio vol.1 è la sua prima regia teatrale.

ANTON DE GUGLIELMO
Attore e performer, ha intrapreso un variegato percorso artistico spaziando dal teatro alla danza, alle arti performative circensi; alla ricerca di un unico linguaggio narrativo fatto di sintesi.


  
INFO E PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente consigliata
le prenotazioni possono essere effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 19:00
INTERO //  15 euro
RIDOTTO // 12 euro
ingresso consentito ai soli soci: tessera associativa annuale 3 euro

Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini 17/A

00186 - Roma

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#teatro
#roma

17 marzo 2016

"Dangerous Beauty" by Jo Fabbri | fino al 3 Aprile




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Toilet paper beauty
by Jo Fabbri
 
fino al 3 aprile 
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Jo Fabbri, Dangerous Beauty, 2015, toilet paper and mixed media on canvas, 150x150 cm