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21 marzo 2016

LA TELA VIOLATA: ARTISTI DELLA TERZA DIMENSIONE A LUCCA

La tela violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
fino al 19 giugno 2016
a cura di Maurizio Vanni

Paolo Scheggi- Intersuperficie curva, 1968


 “La tela violata. Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione”, a cura di Maurizio Vanni, organizzata dal Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art e prodotta da MVIVA in collaborazione con Spirale d’Idee.
Tema centrale lo Spazialismo con particolare attenzione a Azimuth, rivista fondata da Piero Manzoni e Enrico Castellani che coinvolgeva intellettuali, critici d’arte e artisti nel dibattito su cosa rappresentasse l’arte, e Azimut, spazio espositivo fondato sempre da Manzoni e Castellani, in collaborazione con Agostino Bonalumi.

Azimut/h hanno avuto un eco e un effetto domino quasi inimmaginabile per mezzo di una dirompente sperimentazione e una dissacrazione degli strumenti del fare arte che propone allo spettatore il ruolo  di completare il lavoro dell’artista chiamato a violare la tela. La genesi di questa rivoluzione concettuale si può ritrovare nel manifesto per l’Arte integrale di Lucio Fontana.  Il primo Manifesto dello Spazialismo (1946) propone una nuova arte che avrebbe dovuto essere caratterizzata dallo studio fisico della materia, del colore e del suono in movimento, del ritmo che poteva scaturire da un lavoro nuovo sul palinsesto pittorico. L’obiettivo era di superare i limiti bidimensionali della tela per creare uno spazio che fosse, al tempo stesso, fisico e concettuale.

Lo Spazialismo ha formato i presupposti che hanno portato molti artisti a basare la proposta artistica sul superamento dei confini dell’opera, sulla violazione della tela, sulla necessità di ridiscutere i tempi e i modi del dipingere e sul bisogno di rivedere il ruolo del pittore e dello spettatore. Per questi artisti, il supporto diventa l’anima di tutto il lavoro, l’elemento portante e definitivo e lla scoperta di uno spazio nuovo che la tecnica tradizionale non avrebbe potuto favorire.
  
Tutto ha inizio con Lucio Fontana e il suo Manifesto Blanco. In esposizione nella sala principale del Museo dodici opere. I suoi celebri Tagli, che compaiono nel 1957 e trovano la loro compiutezza in una serie di opere intitolate Concetto spaziale. Attese, sono lavori caratterizzati da uno o più tagli verticali, netti, decisi, perentori, con cui l’artista invade la tela monocroma. Il taglio è un gesto che attraversa la tela, che impiega un tempo a percorrerla, un’attesa, e conferma una continuità tra lo spazio esterno e quello interno del piano.
Il Manifesto Spazialista non poteva passare inosservato a tanti artisti italiani che sentivano l’esigenza di andare oltre il palinsesto tradizionale utilizzato in pittura e Alberto Burri fu tra questi. L’artista umbro, in mostra con 3 opere, prende le distanze dalla superficie pittorica tradizionale intervenendo sulle tele con azioni e stratificazioni che ne riconcepivano l’aspetto – attraverso l’uso di materiali fino allora inediti – in grado di trasformare in opera quello che in passato poteva essere definito supporto. I sacchi di juta, le combustioni di plastiche industriali e i catrami creano uno strumento di dialogo aperto con il pubblico.
Agostino Bonalumi e Enrico Castellani danno vita a un percorso di ricerca sulle infinite possibilità spaziali fornite dall’estroflessione della tela che ormai aveva superato i confini della cornice dialogando in modo diretto con lo spazio. Bonalumi, al quale è dedicata una sala con 10 opere, si inserisce giovanissimo nel clima artistico milanese frequentando lo studio di Enrico Baj dove conosce Lucio Fontana, Piero Manzoni e Enrico Castellani. Quella di Bonalumi è una ricerca che tende a legarsi al design, con il “quadro-oggetto” che, strutturandosi in superfici monocrome a rilievi articolate secondo una simmetria assiale, invade lo spazio circostante arrivando a creare uno “spazio-ambiente”.
Anche Castellani, in mostra con 7 lavori, avvia un percorso rigoroso di studio sulle possibilità di analisi dell’estroflessione delle tele mediante l’utilizzo di chiodi e centine inserite dietro la tela.
Paolo Scheggi, al quale è dedicata una sala con 2 opere, invece, comprende l’importanza del dialogo tra ricerche artistiche e architettura attraverso un percorso creativo che lo porta a indagare lo spazio e a violare la tela attraverso una “progettazione totale”. Ne scaturiscono delle “inter-superfici”, spazi indagati oltre la tela, sopra e sotto il livello della materia-colore, sperimentando per la prima volta le relazioni tra i diversi livelli di spazialità, dapprima sovrapponendo lamiere e dopo utilizzando tele monocrome assemblate le une sulle altre. Strutture diversamente forate in superficie, in forme ellittiche irregolari, seppur con percorsi progettuali studiati. Anche il suo spettatore è chiamato a diventare, al tempo stesso, fruitore e co-autore, scegliendo come interagire con lo sguardo, con il corpo e con la mente.
Per Turi Simeti, presente con 9 opere, la ciclicità spaziale della vita è enfatizzata attraverso armonie plastiche ellittiche che affiorano, in modo raffinato, sotto il supporto bidimensionale della tela. Simeti viola la tela per avere un contatto fisico con la tridimensionalità: inizialmente con applicazioni a rilievo sopra la superficie del supporto, in seguito con l’estroflessione che segna il suo primo passo verso una pittura-oggetto.
Rispetto ai predecessori dell’estroflessione Giuseppe Amadio, in mostra con 8 lavori, viola la tela movimentandone la superficie in modo più irregolare con punti, linee, curve, angoli e varie forme geometriche. Il suo è un lavoro caratterizzato dalla plasticità del segno che si risolve in una sorta di labirinto di linee curve enfatizzate da luci, ombre e tensioni interiori ed esteriori.

La tela violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
19 marzo – 19 giugno 2016
a cura di Maurizio Vanni
Per info:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca tel. +39 0583 492180

Orario mostra:
Dal martedì alla domenica ore 10 - 19
Chiuso il lunedì

Biglietti: intero 9 €; ridotto 7 €

19 marzo 2016

GUALTIERO MARCHESI "OPERE WORKS"


Questo è un libro di piatti e non di tecniche o di ricette.
Un libro che fa appello alle immagini, alla composizione, all’idea. 
Dietro ognuno di questi piatti c’è un pensiero e l’ispirazione legata, 
di volta in volta, a un oggetto, un libro, un incontro, una situazione 
in cui la libertà di spirito non esclude il piacere del gioco. 
L’idea e l’immagine corrispondono al concetto che la forma è materia,
che il bello puro è il vero buono
Oggi, si straparla di creatività, col risultato di pasticciare nel piatto, 
alla ricerca dell’effetto, d’épater le bourgeois e le petit bourgeois, 
scordandoci che il rispetto per la materia prima, per le mille forme che assume, 
è un fatto che riguarda sia la salute sia l’estetica. 
La cucina come la musica è fatta di compositori e di esecutori.
I centotrentatrè piatti che presento sono il catalogo di una vita 
in cui ho sempre cercato di andare oltre il soddisfacimento dell’appetito, 
l’interesse o l’esibizione. Piatti che, spesso, sono nati dal lavoro in cucina, 
accanto ai giovani cuochi che si sono succeduti nel corso degli anni. 
Persone che, un certo giorno, ho spinto ad andare fuori, all’estero 
e in particolare in Francia, dove anch’io sono cresciuto dal punto di vista della tecnica. 
L’amore per le arti e l’amicizia con molti artisti hanno guidato e alleviato 
il duro lavoro quotidiano del cuoco, riuscendo, forse, a trasformare il mestiere 
in un linguaggio che può essere accostato ad altri linguaggi artistici.
Questo libro, che sento profondamente mio, lo documenta senza retorica. 
Se ci sono riuscito, lo dirà il tempo.
Allora, più che buon appetito, buona visione. 
Gualtiero Marchesi


“OPERE/WORKS” 

Autore: Gualtiero Marchesi

Uscita: 19 marzo 2016
. 133 immagini di piatti
. una conversazione con Gillo Dorfles
. testi a cura di Nicola Dal Falco
Formato: 27x26 cm Pagine: 188
Prezzo: 50 €
ISBN: 978-88-97202-89-9 
Lingua: italiano e inglese 
Editore: Cinquesensi


Si intitola Opere/Works il nuovo libro di Gualtiero Marchesi
in libreria dal 19 marzo.
Edito da
Cinquesensi, sarà presentato a Milano
in occasione dell’ottantaseiesimo compleanno
del Maestro della Nuova Cucina Italiana,
Il ricavato del libro sostiene la
Fondazione Gualtiero Marchesi.
19 MARZO ore 11,30. Milano – Libreria Hoepli
23 MARZO ore 18.30. Milano - Libreria Feltrinelli Duomo
2 APRILE ore 18. Varese - Libreria Feltrinelli, Corso Aldo Moro
3 APRILE ore 18. Como - Libreria Feltrinelli, via Cesare Cantù
4 APRILE ore 17. Busto Arsizio - Ristorante Buongusto, viale Pirandello
6 APRILE ore 18. Roma - Libreria Feltrinelli Galleria Colonna
9 APRILE ore 18. Brescia - Libreria Feltrinelli Corso Zanardelli
10 APRILE ore 19. Verona - Libreria Feltrinelli Via Quattro Spade
11 MAGGIO. Firenze – In occasione della mostra Da Kandinsky a Pollock.
12 MAGGIO. Firenze - Artigianato e Palazzo
16 MAGGIO - Santa Lucia di Piave - Gourmandia
18 GIUGNO RAGUSA - A Tutto volume

Da IL SAPORE DELL’ESTETICA
Conversazione tra Gillo Dorfles (D) e Gualtiero Marchesi (M),
con Aldo Colonetti (C) in regia
(…)

C. Cosa vuol dire difetto per te, Gualtiero? Difetto nel significato che dice Gillo, cioè che ogni cucina è espressione di una realtà individuale relativa e dunque per sua natura portatrice di pregi ed errori?
M: Esatto, perché naturalmente poi l’uomo ci mette del suo e finisce col rovinare tutto. Recentemente sulla copertina della pagina de La Lettura del Corriere della Sera ho pubblicato un’immagine provocatoria: ho impiattato due tranci d’orata al vapore. Punto. Senza null’altro. A voler dire che la materia prima va non solo rispettata ma ha già in sé tutto il suo gusto.
D: In fondo, in un certo senso, la cucina è un’anti-natura perché, contrariamente a quello che si pensa è sempre artificiale. Quindi, direi che l’uomo appena ha potuto non si è più servito degli elementi naturali ma ha pensato di alterarli.
M: … con questa interpretazione sono tornato alla purezza della materia e in mezzo a questo piatto ci sono due tranci di pesce, semplicemente cotti senza niente, senza nemmeno il sale. Perché tu mangi la natura, il pezzo di pesce, come puoi mangiare un pezzo di carne, una verdura; la consumi per il suo sapore, per quello che può e sa darti, senza metterci condimenti o elementi che la alterino. Noi invece siamo abituati a salare, a mettere olio, a mettere di tutto, ma i prodotti sono buoni così come sono. (…)

Da Parole
a cura di Nicola Dal Falco
La seppia con il suo nero è come dire l’ostrica con la sua perla, la chiocciola con il suo guscio: ciò che vedi e ciò che si nasconde. Una metafora bella e pronta della vita, facile da vivere e misteriosa da capire. Per Marchesi, servì anche a liberarsi dall’influenza francese, da delle petulanti foglioline di cerfoglio.
La seppia al nero rappresenta quanto e più di altri piatti lo stupore e la dedizione nei confronti delle materia al punto che non c’è quasi aneddoto nel raccontarne la nascita.
«Avevo tra le mani una seppia così bella – dice il maestro - e potrei aggiungere perfetta che ho pensato solo a come mostrarla.
«Ho preso, allora, la vescica con l’inchiostro e l’ho svuotata, diluendo il nero con l’acqua e legandolo con un po’ di burro in modo che acquistasse il giusto grado di sericità.
Su questo fondo, ho appoggiato la seppia, cotta in un primo tempo in padella, ma poi, nella versione definitiva, passata al vapore.
«Cosa ho fatto? Ho esaltato la natura della seppia, portando alle estreme conseguenze l’idea che la forma, ogni forma, è materia. Quando questo concetto si trasforma in regola, la cucina si semplifica e rischia seriamente di cogliere l’essenza del discorso: come trasformare cioè la natura in cibo senza tradirla». (…)
In questo libro dove la cucina assume veste e sostanza di opera, senza dilungarsi in elenchi di ingredienti, quantità e procedimenti, si respira un’aria primaverile. Quasi una villeggiatura rispetto al luogo chiuso, sistematico, della ricetta. Per una volta, il piatto va solo contemplato come prodotto dello spirito, vagheggiamento dell’occhio, composizione.
Messe così le cose, per volontà esplicita del Maestro, restava solo da aggiungere delle note ai piatti.
Qualche parola, appunto, non troppe, perché l’effetto rimbalzasse nell’immagine.
Chi volesse esercitarsi nella critica della cucina di Marchesi ha, già, a disposizione formule e concetti, elaborati da Marchesi durante la sua lunga carriera.
Mi riferisco a termini chiave come la forma è materia, il bello puro è il vero buono, alla supremazia della semplicità legata a un indiscutibile senso della composizione, ad affermazioni concrete e prive perciò di retorica: chi sa cucinare fa salute, a citazioni d’ogni genere, compreso un proverbio brasiliano, particolarmente calzante: lascia com’è per vedere come rimane.
Marchesi è veramente un libro aperto, un’opera senza steccati, più forte delle parole che si possono spendere per definirla, magnificarla o sminuirla, perché, come dice lui stesso questa è la cucina della verità, ovvero della forma, quindi della materia.


Gruppo Gualtiero Marchesiinfo@marchesi.it - Tel +39 02 36706660
Ristorante Marchesi alla Scala
Tel +39 02 72094338
ristorante@marchesi.it - www.marchesi.it

#gualtieromarchesi
#gillodorfles
#cucina
#opereworks
#libri

PINOCCHIO VOL.1 REDUX AL TEATRO DELL'OROLOGIO

Teatro dell’Orologio
stagione 2015 – 2016
CAMBIAMENTO REALE

PINOCCHIO vol.1 - Redux
CARVELLI / CUSATO
dal 22 al 25 marzo 2016

di Andrea Carvelli
con Anton De Guglielmo
e la partecipazione di Francesco Turi, Emilio Barone e Alessandra Chieli
regia Matteo Cusato
musiche Marco Cinquegrana
disegno luci Rosa Martini
scenografia e costumi Andrea Carvelli
produzione Andrea Carvelli, Matteo Cusato, Francesco Turi e Ass. Cult. Rialto Sant’Ambrogio

SALA GASSMAN
da martedì a venerdì ore 20:00



Adattamento in endecasillabi a rima baciata del libro di Collodi diviso in tre parti. Questo “vol. 1” affronta la storia come volle concluderla l'autore in prima scrittura, dove il percorso di Pinocchio, è se l’attraversamento dell’Erebo, del Regno dei Morti. La trasformazione del burattino in bambino, è vista sotto l’ottica di un vero e proprio incubo dal quale Pinocchio non potrà più svegliarsi. Il suo processo di formazione è una via nella notte, la strada dentro il sonno eterno degli esseri: dove il corpo (bambino) ha l’inevitabile destino della fine e l’anima (burattino) tutto il tempo dell’immortalità.



ANDREA CARVELLI
Andrea Carvelli si occupa di drammaturgia in versi. Ha collaborato con Ck Teatro in vari spettacoli. E’ stato tra gli organizzatori della riapertura del Rialto Sant’Ambrogio dell’aprile 2014.


MATTEO CUSATO
Montatore e documentarista, ha realizzato cortometraggi, videoclip e documentari tra cui Terra di transito, con cui ha vinto il Contest 014 organizzato dal Nuovo Cinema Aquila.
Pinocchio vol.1 è la sua prima regia teatrale.

ANTON DE GUGLIELMO
Attore e performer, ha intrapreso un variegato percorso artistico spaziando dal teatro alla danza, alle arti performative circensi; alla ricerca di un unico linguaggio narrativo fatto di sintesi.


  
INFO E PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente consigliata
le prenotazioni possono essere effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 19:00
INTERO //  15 euro
RIDOTTO // 12 euro
ingresso consentito ai soli soci: tessera associativa annuale 3 euro

Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini 17/A

00186 - Roma

#pinocchio
#teatro
#roma

17 marzo 2016

"Dangerous Beauty" by Jo Fabbri | fino al 3 Aprile




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Toilet paper beauty
by Jo Fabbri
 
fino al 3 aprile 
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Jo Fabbri, Dangerous Beauty, 2015, toilet paper and mixed media on canvas, 150x150 cm

XVI Biennale Donna | SILENCIO VIVO. Artiste dall'America Latina, PAC, Ferrara


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Anna Maria Maiolino
Entrevidas (Between Lives), dalla serie Photopoemaction, 1981/2010
Trittico, fotografia in bianco e nero, 88x56 cm ciascuna (misura totale: 88x168 cm) edizione di 5 + 2 AP
Collezione Privata, Monza. Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano

XVI Biennale Donna
SILENCIO VIVO
Artiste dall'America Latina
A cura di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli
 
Ferrara, Padiglione d'Arte Contemporanea
17 aprile-12 giugno 2016


Dal 17 aprile al 12 giugno 2016, al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara la Biennale Donna, con la presentazione della collettiva SILENCIO VIVO. Artiste dall’America Latina, curata da Lola G. Bonora e Silvia Cirelli.
Organizzata da UDI - Unione Donne in Italia di Ferrara e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, la rassegna si conferma come uno degli appuntamenti più attesi del calendario artistico e dopo la forzata interruzione del 2014, a causa del terremoto che ha colpito Ferrara e i suoi spazi espositivi, può ora riprendere il proprio percorso di ricerca ed esplorazione della creatività femminile internazionale.
Da sempre attenta al rapporto fra arte e la società contemporanea, la Biennale Donna si concentra sull'influenza dei contributi estetici del panorama delle donne artiste. La rassegna di quest’anno ha scelto di spostare il proprio baricentro sulla creatività latinoamericana, portando a Ferrara alcune delle artiste più rappresentative: Anna Maria Maiolino (Italia-Brasile, 1942), Teresa Margolles (Messico, 1963), Ana Mendieta (Cuba 1948 - Stati Uniti 1985) e Amalia Pica (Argentina, 1978).

SILENCIO VIVO riscopre nell’arte i temi di grande attualità, domandandosi quale sia la realtà latinoamericana e individuando le tematiche, come l’esperienza dell’emigrazione,le conseguenze delle dittature militari, la censura, la criminalità, gli equilibri sociali fra individuo e collettività, il valore dell’identità o la fragilità delle relazioni umane.
L’esposizione si apre con l’eclettico contributo di Ana Mendieta, una delle più incisive figure di questo vasto panorama artistico. Nonostante il suo breve percorso (muore prematuramente a 36 anni, cadendo dal 34simo piano del suo appartamento di New York), Ana Mendieta si riconferma ancora oggi, a 30 anni dalla sua scomparsa, come un’indiscussa fonte ispiratrice della scena internazionale. La Biennale Donna le rende omaggio con un nucleo di opere che ne esaltano l’inconfondibile impronta sperimentale, dalle note Siluetas alla documentazione fotografica delle potenti azioni performative risalenti agli anni ’70 e ’80. Al centro, l’intreccio di temi a lei sempre cari, quali la costante ricerca del contatto e il dialogo con la natura, il rimando a pratiche rituali cubane, l’utilizzo del sangue – al contempo denuncia della violenza, ma anche allegoria del perenne binomio vita/morte – o l’utilizzo del corpo come contenitore dell’energia universale.
Il corpo come veicolo espressivo è una caratteristica riconducibile anche nei primi lavori della poliedrica Anna Maria Maiolino, di origine italiana ma trasferitasi in Brasile nel 1960, agli albori della dittatura. L’esperienza del regime dittatoriale in Brasile e la conseguente situazione di tensione hanno influenzato profondamente la sua arte, spingendola a riflettere su concetti quali la percezione di pericolo, il senso di alienazione, l’identità di emigrante e l’immaginario quotidiano femminile. In mostra presentiamo una selezione di lavori che ne confermano la grande versatilità, dalle sue celebri opere degli anni ’70 e ’80, documentazioni fotografiche che lei definisce “photopoemaction” – di chiara matrice performativa – alle sue recenti sculture e installazioni in ceramica, dove emerge la sempre fedele attinenza al vissuto quotidiano, in aggiunta, però, all’esplorazione dei processi di creazione e distruzione alle quali l’individuo è inevitabilmente legato.
Di simile potere suggestivo, ma con una particolare attitudine al crudo realismo, la poetica di Teresa Margolles testimonia le complessità della società messicana, ormai sgretolata dalle allarmanti proporzioni di un crimine organizzato che sta lacerando l’intero paese e soprattutto Ciudad Juarez, considerata uno dei luoghi più pericolosi al mondo. Con una grammatica stilistica minimalista, ma d’impatto quasi prepotente sul piano concettuale, i lavori della Margolles affrontano i tabù della morte e della violenza, indagati anche in relazione alle disuguaglianze sociali ed economiche presenti attualmente in Messico. Le grandi installazioni che l’artista propone per la rassegna ferrarese – fra cui un’opera inedita, realizzata appositamente per la Biennale Donna – svelano un evidente potere immersivo, che forza lo spettatore ad assorbire e partecipare al dolore di una situazione ormai fuori controllo, troppo spesso taciuta e negata dalle autorità locali.
Il percorso della mostra si chiude poi con la ricerca di Amalia Pica, grande protagonista dell’emergente scena argentina. Utilizzando un ampio spettro di media – il disegno, la scultura, la performance, la fotografia e il video – l’artista si sofferma sui limiti e le varie derivazioni del linguaggio, esaltando il valore della comunicazione, come fondamentale esperienza collettiva. Le sue opere si fanno metafora visiva di una società segnata dall’ipertrofia della comunicazione, un fenomeno diffuso che sempre più di frequente conduce all’equivoco e all’alienazione, invece che alla condivisione. Ispirandosi ad alcune tecnologie trasmissive del passato, mescolate a rimandi del periodo adolescenziale, Amalia Pica sorprende con interventi dal chiaro aspetto ludico, che invitano gli stessi visitatori a interagire fra loro, sperimentando varie e ironiche possibilità di dialogo.
La mostra, organizzata dal Comitato Biennale Donna dell’UDI (composto da Lola G. Bonora, Anna Maria Fioravanti Baraldi, Silvia Cirelli, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Antonia Trasforini, Liviana Zagagnoni) e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, è curata da Lola G. Bonora e Silvia Cirelli, ed è sostenuta dal Comune di Ferrara e dalla Regione Emilia-Romagna.
In occasione dell’esposizione sarà edito un catalogo bilingue italiano e inglese che contiene le riproduzioni di tutte le opere esposte e apparati biografici, unitamente a contributi critici di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli.
Alla Biennale Donna verranno poi affiancate una serie di iniziative collaterali strettamente legate al filo conduttore della mostra, come una rassegna cinematografica e presentazioni letterarie. Particolare attenzione sarà poi riservata al mondo scolastico, con approfondimenti speciali pensati opportunamente per gli studenti durante le visite.


XVI Biennale Donna
SILENCIO VIVO
Artiste dall'America Latina
A cura di
Lola G. Bonora e Silvia Cirelli
Artiste in mostra
Anna Maria Maiolino, Teresa Margolles, Ana Mendieta, Amalia Pica
Sede espositiva
Padiglione d’Arte Contemporanea
Corso Porta Mare 5, 44121 Ferrara
Inaugurazione
sabato 16 aprile 2016, ore 18.00
Date
17 aprile-12 giugno 2016
Orari
da martedì a domenica 9.30 – 13.00 / 15.00 – 18.00
Aperto anche 23 e 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno
Ingresso          
intero € 4,00
ridotto € 2,00 (giovani dai 18 ai 30 anni titolari della Carta Giovani, over 65 anni, studenti universitari, gruppi di
almeno 15 persone)
gratuito per i gruppi scolastici
Comitato Biennale Donna
Lola G. Bonora, Anna Maria Fioravanti Baraldi, Silvia Cirelli, Anna Quarzi, Ansalda Siroli, Dida Spano, Antonia
Trasforini, Liviana Zagagnoni
Organizzato da
UDI – Unione Donne in Italia di Ferrara
Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara
Con il contributo di
Regione Emilia-Romagna
Con il patrocinio di
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità
Catalogo
A cura di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli, con testi critici di Lola G. Bonora e Silvia Cirelli
Per informazioni
tel. +39 0532 244949
diamanti@comune.fe.it

 

Domani Adrian Paci presenta CMD+R alla Fondazione Adolfo Pini per Studi Festival | Venerdì 18 marzo ore 18 /21 performance | Corso Garibaldi 2





INCONTRI DI CINEMA E MUSICA: SUONI RIFLESSI




SUONI RIFLESSI. INCONTRI DI CINEMA E MUSICA
Teatro Studio Keiros
Via Padova 38/a
Roma


Giovedì 17 marzo ore 21.00
Indebito (85',  2013) di Andrea Segre
La crisi di oggi prima che economica è identitaria.
È separazione, disorientamento.
Le culture europee sono state svendute all’omologazione del consumo e alla corsa alla ricchezza.
Ci hanno fatto credere che la liberazione dalla povertà materiale dovesse coincidere con la fuga da se stessi.
Vivere oggi di nuovo la povertà senza se stessi è una vertigine insostenibile.
Il nostro documentario è un tempo dedicato ad ascoltare l’assenza di noi stessi. È la consapevolezza di vivere in-debito di aria, di senso, di prospettiva.
Per farlo abbiamo vagato come flaneur, come viandanti nel luogo simbolo della crisi, la Grecia indebitata: seguendo le parole, i pensieri e la musica dei rebetes, i cantanti del rebetiko, il blues ellenico.
Il rebetiko è musica nata dalla disperazione di un’antica crisi (la fuga da Smirne) ed è una delle musiche che hanno costruito l’identità moderna della Grecia, trasportando con sé il dolore dell’esilio e la ribellione alle violenze della storia. È una musica contro il potere, non autorizzata, indebita.
I rebetes sono portatori di questa identità, di cui oggi celebrano un funerale pieno di sconfitta, disperata ribellione e silenziosa speranza.
I loro concerti e le loro parole riempiono le taverne notturne di Atene e Salonicco, sfiorano le scritte sui muri, ascoltano il mare dei porti e incontrano il cammino di Vinicio Capossela, musicista e viandante che intreccia le sue note con i pensieri del suo diario di viaggio, il tefteri.
Così la Grecia diventa l’Europa, la sua crisi la nostra e il rebetiko il canto vivo di un’indebita e disperata speranza.

Presentano il film, con un intervento musicale, Dimitris Kotsiouros (bouzouki), Georgios Strimpakos (voce, baglamas) e Valerio Mileto (chitarra), musicisti della band italo greca Evì Evàn.
Nel 2007 gli Evì Evàn esordivano a Roma con il primo concerto di musica rebetika, un genere musicale conosciuto da pochi ellenofili, sebbene la sua tradizione sia lunga quasi un secolo. Dai tavoli delle taverne greche al grande palco dell’Auditorium del Parco della Musica, dai festival di paese alle trasmissioni con radio e televisioni nazionali, anno dopo anno gli Evì Evàn sono diventati “il riferimento del rebetiko in Italia”, come li ha definiti Pier Andrea Canei sul settimanale Internazionale. Al loro ultimo album intitolato Rebetiki Diadromì (Itinerario Rebetiko), orgogliosamente autoprodotto, hanno voluto collaborare anche Moni Ovadia, Daniele Sepe, Vinicio Capossela, Sofia Labropoulou e Nikos Nikolopoulos. In questi sette anni gli Evì Evàn hanno portato il rebetiko in tutta Italia contribuendo a diffondere la conoscenza di una musica che nasce dal cuore e la cui arteria passa per il bouzouki.
Attivi anche nel teatro, gli Evì Evàn hanno lavorato con Moni Ovadia e Antun Blazevitc negli spettacoli teatrali Progetto Odissea e Lo zingaro felice.


SUONI RIFLESSI. INCONTRI DI CINEMA E MUSICA
a cura di Gina Annunziata
TEATRO STUDIO KEIROS
Via Padova 38/a
Roma
Ingresso 8 euro + tessera associativa 3 euro
Info e prenotazioni  06-44238026 teatrokeiros@gmail.com
Pagina facebook https://www.facebook.com/Suoni-riflessi-444589502411749/?fref=nf



SUONI RIFLESSI. INCONTRI DI CINEMA E MUSICA
PROGRAMMA COMPLETO

Da venerdì 4 marzo il Teatro Studio Keiros di Roma presenta Suoni riflessi. Incontri di cinema e musica, a cura di Gina Annunziata. Con una cadenza quindicinale il teatro ospiterà cinque incontri con proiezioni di documentari, dove la musica sarà al centro della narrazione filmica.
Prima opera in programma alla presenza del regista è Quando dal cielo... Wenn aus dem Himmel... (2015) di Fabrizio Ferraro, un film sulle relazioni tra forma visiva e forma sonora, a partire dalla realizzazione di In Maggiore, album inciso da Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura con la supervisione di Manfred Eicher, storico produttore discografico fondatore dell’ECM.  Al centro della narrazione il processo creativo e di improvvisazione: la relazione tra musicisti e produttore, la ricerca dei suoni nello spazio, le registrazioni, i silenzi, gli ascolti.
Si prosegue giovedì 17 marzo con Indebito (2013) di Andrea Segre, girato tra Atene e Salonicco con Vinicio Capossela, raccontando il legame tra la Grecia economicamente indebitata e il rebetiko. Genere musicale nato a seguito dell'esilio del popolo greco dopo la sconfitta nella guerra guerra-turca degli anni Venti, il rebetiko oggi interpreta l’identità moderna della Grecia, trasportando con sé la ribellione alla violenza della storia.
Presentano il film, con un intervento musicale, Dimitris Kotsiouros (bouzouki), Georgios Strimpakos (voce, baglamas) e Valerio Mileto (chitarra), musicisti della band italo greca Evì Evàn.
Venerdì 1 aprile si continua con Crossing the bridge. The sound of Istanbul (2005) di Fatih Akin, regista tedesco di origini turche, che in questo film, accompagnato da Alex Hacke, bassista del gruppo tedesco Einstürzende Neubauten,  va a Istanbul, alla ricerca dell’eterogenea scena musicale turca. Presenta il film Lea Nocera, docente di Lingua e Letteratura Turca dell’Università di Napoli «L’Orientale», esperta delle dinamiche sociali, culturali e di genere della Turchia contemporanea.
Completano il ciclo di incontri Mamma Africa (2011), in programma giovedì 14 aprile, documentario del regista finlandese Mika Kaurismäki consacrato a Miriam Makeba, nato da un’idea del co-produttore Don Edkins che inizialmente sviluppò il progetto insieme alla stessa Maa, fino al giorno della sua morte e Radici (2011), venerdì 29 aprile, diretto da Carlo Luglio,  viaggio musicale con Enzo Gragnaniello in una Napoli misteriosa ed esoterica, nei suoi luoghi magici, mitologici e storici ma, anche un percorso nella città contemporanea, attraverso i suoi monumenti e i suoi quartieri più popolari.
 
SUONI RIFLESSI. INCONTRI DI CINEMA E MUSICA
a cura di Gina Annunziata
TEATRO STUDIO KEIROS
Via Padova 38/a
Roma
Ingresso 8 euro + tessera associativa 3 euro
Info e prenotazioni  06-44238026 teatrokeiros@gmail.com

 

Spazio Damiani | Damiani Happy Hour: Obiettivi di Viaggio

[ DAMIANI ]



Il secondo appuntamento di Damiani Happy Hour, il ciclo di 6 incontri con la storia della fotografia organizzato da Spazio Damiani e curato da Luca Capuano, è dedicato alla fotografia di viaggio. Giovedì 17 marzo 2016 alle 18.30, Pier Francesco Frillici ci guiderà alla scoperta dei grandi autori che si sono confrontati con questo genere, tra cui Walker Evans, Robert Frank e Henri Cartier-Bresson.
La partecipazione a tutti gli incontri è gratuita e aperta al pubblico.
I prossimi appuntamenti di Damiani Happy Hour:
21 aprile - LA FOTOGRAFIA E LA MODA. Dal Pittorialismo allo Snapshot Style - con Federica Muzzarelli
12 maggio - IMMAGINANDO L’AMERICA. Luoghi, personaggi, eventi, tra arte e fotografia nel Primo Novecento - con Pier Francesco Frillici
23 giugno - LA SCOPERTA DELL’ARCHIVIO. Origine di un nuovo linguaggio dagli anni ‘70 ad oggi - con Luca Panaro
14 luglio - FINZIONE COME REALTA’. La fotografia come “messa in scena” dagli anni ‘70 ad oggi - con Luca Panaro



Spazio Damiani
Via dello Scalo 3/2 ABC, 40131 Bologna - Italy - Tel. +39 051 4380747
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