La tela violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e
l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca
Center of Contemporary Art, Lucca
fino al 19 giugno 2016
a cura di Maurizio Vanni
Paolo Scheggi- Intersuperficie curva, 1968 |
“La tela violata. Fontana, Castellani,
Bonalumi, Burri, Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza
dimensione”, a cura di Maurizio Vanni, organizzata dal
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art e prodotta da
MVIVA in collaborazione con Spirale
d’Idee.
Tema centrale lo Spazialismo
con particolare attenzione a Azimuth,
rivista fondata da Piero Manzoni e
Enrico Castellani che coinvolgeva intellettuali, critici d’arte e artisti
nel dibattito su cosa rappresentasse l’arte, e Azimut, spazio espositivo fondato sempre da Manzoni e Castellani,
in collaborazione con Agostino Bonalumi.
Azimut/h hanno avuto un eco e un effetto
domino quasi inimmaginabile per mezzo di una dirompente sperimentazione e una
dissacrazione degli strumenti del fare arte che propone allo spettatore il ruolo di completare il lavoro dell’artista chiamato a
violare la tela. La genesi di
questa rivoluzione concettuale si può ritrovare nel manifesto per l’Arte
integrale di Lucio Fontana. Il primo Manifesto dello Spazialismo (1946) propone una nuova arte che avrebbe dovuto essere
caratterizzata dallo studio fisico della materia, del colore e del suono in
movimento, del ritmo che poteva scaturire da un lavoro nuovo sul palinsesto
pittorico. L’obiettivo era di superare i limiti bidimensionali della tela per
creare uno spazio che fosse, al tempo stesso, fisico e concettuale.
Lo Spazialismo ha formato i presupposti che hanno portato molti artisti a
basare la proposta artistica sul superamento dei confini dell’opera,
sulla violazione della tela, sulla necessità di ridiscutere i tempi e i modi
del dipingere e sul bisogno di rivedere il ruolo del pittore e dello
spettatore. Per questi artisti, il supporto diventa l’anima di tutto il lavoro,
l’elemento portante e definitivo e lla scoperta di uno
spazio nuovo che la tecnica tradizionale non avrebbe potuto favorire.
Tutto ha inizio con Lucio Fontana e il suo Manifesto Blanco. In
esposizione nella sala principale del Museo dodici opere. I suoi celebri Tagli,
che compaiono nel 1957 e trovano la loro compiutezza in una serie di opere
intitolate Concetto spaziale. Attese,
sono lavori caratterizzati da uno o più tagli verticali, netti, decisi,
perentori, con cui l’artista invade la tela monocroma. Il taglio è un gesto che
attraversa la tela, che impiega un tempo a percorrerla, un’attesa, e conferma
una continuità tra lo spazio esterno e quello interno del piano.
Il Manifesto Spazialista non
poteva passare inosservato a tanti artisti italiani che sentivano l’esigenza di
andare oltre il palinsesto tradizionale utilizzato in pittura e Alberto Burri fu tra
questi. L’artista umbro, in mostra con 3 opere, prende le distanze dalla
superficie pittorica tradizionale intervenendo sulle tele con azioni e
stratificazioni che ne riconcepivano l’aspetto – attraverso l’uso di materiali
fino allora inediti – in grado di trasformare in opera quello che in passato
poteva essere definito supporto. I sacchi di juta, le combustioni di plastiche
industriali e i catrami creano uno strumento di dialogo aperto con il pubblico.
Agostino Bonalumi e Enrico
Castellani danno vita a un percorso di ricerca sulle infinite possibilità
spaziali fornite dall’estroflessione della tela che ormai aveva superato i
confini della cornice dialogando in modo diretto con lo spazio. Bonalumi, al quale è dedicata una sala con 10 opere, si inserisce giovanissimo nel clima
artistico milanese frequentando lo studio di Enrico Baj dove conosce Lucio
Fontana, Piero Manzoni e Enrico Castellani. Quella di Bonalumi è una ricerca
che tende a legarsi al design, con il “quadro-oggetto” che, strutturandosi in
superfici monocrome a rilievi articolate secondo una simmetria assiale, invade
lo spazio circostante arrivando a creare uno “spazio-ambiente”.
Anche Castellani, in mostra con 7
lavori, avvia un percorso rigoroso di studio sulle possibilità di
analisi dell’estroflessione delle tele mediante l’utilizzo di chiodi e centine
inserite dietro la tela.
Paolo Scheggi, al quale è dedicata una
sala con 2 opere, invece, comprende l’importanza del dialogo tra
ricerche artistiche e architettura attraverso un percorso creativo che lo porta
a indagare lo spazio e a violare la tela attraverso una “progettazione totale”.
Ne scaturiscono delle “inter-superfici”, spazi indagati oltre la tela, sopra e
sotto il livello della materia-colore, sperimentando per la prima volta le
relazioni tra i diversi livelli di spazialità, dapprima sovrapponendo lamiere e
dopo utilizzando tele monocrome assemblate le une sulle altre. Strutture
diversamente forate in superficie, in forme ellittiche irregolari, seppur con
percorsi progettuali studiati. Anche il suo spettatore è chiamato a diventare,
al tempo stesso, fruitore e co-autore, scegliendo come interagire con lo
sguardo, con il corpo e con la mente.
Per Turi Simeti, presente con
9 opere, la ciclicità
spaziale della vita è enfatizzata attraverso armonie plastiche ellittiche che
affiorano, in modo raffinato, sotto il supporto bidimensionale della tela.
Simeti viola la tela per avere un contatto fisico con la tridimensionalità:
inizialmente con applicazioni a rilievo sopra la superficie del supporto, in
seguito con l’estroflessione che segna il suo primo passo verso una
pittura-oggetto.
Rispetto ai predecessori
dell’estroflessione Giuseppe
Amadio, in mostra con 8
lavori, viola la tela movimentandone la superficie in modo più
irregolare con punti, linee, curve, angoli e varie forme geometriche. Il suo è
un lavoro caratterizzato dalla plasticità del segno che si risolve in una sorta
di labirinto di linee curve enfatizzate da luci, ombre e tensioni interiori ed
esteriori.
La tela
violata
Fontana, Castellani, Bonalumi, Burri,
Scheggi, Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art, Lucca
19
marzo – 19 giugno 2016
a cura
di Maurizio Vanni
Per info:
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca tel. +39
0583 492180
Orario mostra:
Dal martedì alla domenica ore 10 - 19
Chiuso il lunedì
Biglietti: intero 9 €;
ridotto 7 €