La vita inattesa
Uno spettacolo di e
con
Pino Grossi
“le voci sono come i ricordi, la
loro assenza ci lascia vuoti”
Un uomo si racconta, racconta della sua vita in…attesa,
ha con se poche cose
“troppi oggetti…troppi ingombri” le trasporta in una
scena spoglia che si popolerà via via dei suoi ricordi, quelli che ha voluto e
dovuto fermarsi, ma è proprio nel “fermarsi” che ha trovato il suo senso,“mi
fermo e basta allora riesco a non oscillare più”
in quello spazio mentale e sentimentale che l’ha
condotto a riordinare la sua vita scandendola in alcuni dei grandi avvenimenti
intimi che appartengono ad ogni individuo.
Mentre vive dei giorni che passano “la sua vita in
attesa” inattesi alcuni temi si affacciano alla mente e lui li percorre
ritrovando i suoi giochi bambini che si interrompevano perché i corpi restavano
immobili “se ne stava lì ferma senza muoversi e aspettavo aspettavo che da un
momento all’altro si alzasse” ma quei giochi bambini si interrompevano
anche perché la vita che cresceva reclamava il suo spazio “una giovane
ragazza sempre in volo come una freccia” e lui è li che osserva trattiene a
sé i gesti e i profumi, li fa scorrere nel tempo “un tempo che non è più un
tempo che consuma” e nel sangue quello che resterà sconosciuto
“non avrebbe conosciuto il tempo del sangue
che non sgorga da ferite”
E lui è li che scompone e ricompone, cercando
l’armonia, come in una partitura musicale fatta di tanti intervalli..indossa
vari abiti con cui adorna la sua “vita…inattesa”, invoca un padre che potrebbe anche
non essere suo padre.
Come un personaggio di Gogol, parla di scarpe da
comprare come fosse un’ esigenza primaria che non è solo fisica, ma filosofica.
Ri-costruisce la sua vita attraverso le voci che
riecheggiano mute…
“Le parole non avevano più suono e
non ce n’era bisogno”
e le libera in un ritmo a volte disordinato che
somiglia a una danza che non soggiace a regole imposte “ritmo che incalza
nello spasimo di una attimo che vive..rivela”
La vita, la sua vita In Attesa è fatta di foto
mai scattate, di lettere mai scritte, perché lui non sa che farsene, i ricordi
li ha registrati in un nastro che solo le sue orecchie possono ascoltare, sono
i suoi “intervalli” sono il suo “sangue necessario”, ma anche
lui, tra un intervallo e un altro, ha “vissuto” così come fanno tutti gli
esseri umani “ho avuto amici e nemici, ho avuto ambizioni e delusioni
e ho fatto anche promesse” e come uno spettatore ignaro che
pur non volendo diventa protagonista, sa ancora “calzare” quella vita fatta di
piccoli passi che inattesi continuano a muoverlo.
Pino Grossi
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