Questo è un
libro di piatti e non di tecniche o di ricette.
Un libro che fa appello alle
immagini, alla composizione, all’idea.
Dietro ognuno di questi piatti c’è
un pensiero e l’ispirazione legata,
di volta in volta, a un oggetto, un
libro, un incontro, una situazione
in cui la libertà di spirito non esclude
il piacere del gioco.
L’idea e l’immagine corrispondono al concetto che la
forma è materia,
che il bello puro è il vero buono.
Oggi, si straparla
di creatività, col risultato di pasticciare nel piatto,
alla ricerca
dell’effetto, d’épater le bourgeois e le petit bourgeois,
scordandoci che
il rispetto per la materia prima, per le mille forme che assume,
è un fatto
che riguarda sia la salute sia l’estetica.
La cucina come la musica è fatta
di compositori e di esecutori.
I centotrentatrè piatti che presento sono il
catalogo di una vita
in cui ho sempre cercato di andare oltre il
soddisfacimento dell’appetito,
l’interesse o l’esibizione. Piatti che,
spesso, sono nati dal lavoro in cucina,
accanto ai giovani cuochi che si
sono succeduti nel corso degli anni.
Persone che, un certo giorno, ho spinto
ad andare fuori, all’estero
e in particolare in Francia, dove anch’io sono
cresciuto dal punto di vista della tecnica.
L’amore per le arti e l’amicizia
con molti artisti hanno guidato e alleviato
il duro lavoro quotidiano del
cuoco, riuscendo, forse, a trasformare il mestiere
in un linguaggio che può
essere accostato ad altri linguaggi artistici.
Questo libro, che sento
profondamente mio, lo documenta senza retorica.
Se ci sono riuscito, lo
dirà il tempo.
Allora, più che buon appetito, buona visione.
Gualtiero
Marchesi
“OPERE/WORKS”
Autore: Gualtiero
Marchesi
Uscita: 19 marzo 2016
. 133 immagini di piatti
. una
conversazione con Gillo Dorfles
. testi a cura di Nicola Dal
Falco
Formato: 27x26 cm Pagine: 188
Prezzo: 50 €
ISBN:
978-88-97202-89-9
Lingua: italiano e inglese
Editore: Cinquesensi
Si intitola Opere/Works il nuovo libro di Gualtiero Marchesi
in libreria dal 19 marzo.
Edito da Cinquesensi, sarà presentato a Milano
in occasione dell’ottantaseiesimo compleanno
del Maestro della Nuova Cucina Italiana,
Il ricavato del libro sostiene la Fondazione Gualtiero Marchesi.
19 MARZO ore 11,30. Milano – Libreria Hoepli
23 MARZO ore 18.30. Milano - Libreria Feltrinelli Duomo
2 APRILE ore 18. Varese - Libreria Feltrinelli, Corso Aldo Moro
3 APRILE ore 18. Como - Libreria Feltrinelli, via Cesare Cantù
4 APRILE ore 17. Busto Arsizio - Ristorante Buongusto, viale Pirandello
6 APRILE ore 18. Roma - Libreria Feltrinelli Galleria Colonna
9 APRILE ore 18. Brescia - Libreria Feltrinelli Corso Zanardelli
10 APRILE ore 19. Verona - Libreria Feltrinelli Via Quattro Spade
11 MAGGIO. Firenze – In occasione della mostra Da Kandinsky a Pollock.
12 MAGGIO. Firenze - Artigianato e Palazzo
16 MAGGIO - Santa Lucia di Piave - Gourmandia
18 GIUGNO RAGUSA - A Tutto volume
Da IL SAPORE DELL’ESTETICA
Conversazione tra Gillo Dorfles (D) e Gualtiero Marchesi (M),
con Aldo Colonetti (C) in regia
(…)
C. Cosa vuol dire difetto per te, Gualtiero? Difetto nel significato che dice Gillo, cioè che ogni cucina è espressione di una realtà individuale relativa e dunque per sua natura portatrice di pregi ed errori?
M: Esatto, perché naturalmente poi l’uomo ci mette del suo e finisce col rovinare tutto. Recentemente sulla copertina della pagina de La Lettura del Corriere della Sera ho pubblicato un’immagine provocatoria: ho impiattato due tranci d’orata al vapore. Punto. Senza null’altro. A voler dire che la materia prima va non solo rispettata ma ha già in sé tutto il suo gusto.
D: In fondo, in un certo senso, la cucina è un’anti-natura perché, contrariamente a quello che si pensa è sempre artificiale. Quindi, direi che l’uomo appena ha potuto non si è più servito degli elementi naturali ma ha pensato di alterarli.
M: … con questa interpretazione sono tornato alla purezza della materia e in mezzo a questo piatto ci sono due tranci di pesce, semplicemente cotti senza niente, senza nemmeno il sale. Perché tu mangi la natura, il pezzo di pesce, come puoi mangiare un pezzo di carne, una verdura; la consumi per il suo sapore, per quello che può e sa darti, senza metterci condimenti o elementi che la alterino. Noi invece siamo abituati a salare, a mettere olio, a mettere di tutto, ma i prodotti sono buoni così come sono. (…)
Conversazione tra Gillo Dorfles (D) e Gualtiero Marchesi (M),
con Aldo Colonetti (C) in regia
(…)
C. Cosa vuol dire difetto per te, Gualtiero? Difetto nel significato che dice Gillo, cioè che ogni cucina è espressione di una realtà individuale relativa e dunque per sua natura portatrice di pregi ed errori?
M: Esatto, perché naturalmente poi l’uomo ci mette del suo e finisce col rovinare tutto. Recentemente sulla copertina della pagina de La Lettura del Corriere della Sera ho pubblicato un’immagine provocatoria: ho impiattato due tranci d’orata al vapore. Punto. Senza null’altro. A voler dire che la materia prima va non solo rispettata ma ha già in sé tutto il suo gusto.
D: In fondo, in un certo senso, la cucina è un’anti-natura perché, contrariamente a quello che si pensa è sempre artificiale. Quindi, direi che l’uomo appena ha potuto non si è più servito degli elementi naturali ma ha pensato di alterarli.
M: … con questa interpretazione sono tornato alla purezza della materia e in mezzo a questo piatto ci sono due tranci di pesce, semplicemente cotti senza niente, senza nemmeno il sale. Perché tu mangi la natura, il pezzo di pesce, come puoi mangiare un pezzo di carne, una verdura; la consumi per il suo sapore, per quello che può e sa darti, senza metterci condimenti o elementi che la alterino. Noi invece siamo abituati a salare, a mettere olio, a mettere di tutto, ma i prodotti sono buoni così come sono. (…)
Da Parole
a cura di Nicola Dal Falco
La seppia con il suo nero è come dire l’ostrica con la sua perla, la chiocciola con il suo guscio: ciò che vedi e ciò che si nasconde. Una metafora bella e pronta della vita, facile da vivere e misteriosa da capire. Per Marchesi, servì anche a liberarsi dall’influenza francese, da delle petulanti foglioline di cerfoglio.
La seppia al nero rappresenta quanto e più di altri piatti lo stupore e la dedizione nei confronti delle materia al punto che non c’è quasi aneddoto nel raccontarne la nascita.
«Avevo tra le mani una seppia così bella – dice il maestro - e potrei aggiungere perfetta che ho pensato solo a come mostrarla.
«Ho preso, allora, la vescica con l’inchiostro e l’ho svuotata, diluendo il nero con l’acqua e legandolo con un po’ di burro in modo che acquistasse il giusto grado di sericità.
Su questo fondo, ho appoggiato la seppia, cotta in un primo tempo in padella, ma poi, nella versione definitiva, passata al vapore.
«Cosa ho fatto? Ho esaltato la natura della seppia, portando alle estreme conseguenze l’idea che la forma, ogni forma, è materia. Quando questo concetto si trasforma in regola, la cucina si semplifica e rischia seriamente di cogliere l’essenza del discorso: come trasformare cioè la natura in cibo senza tradirla». (…)
In questo libro dove la cucina assume veste e sostanza di opera, senza dilungarsi in elenchi di ingredienti, quantità e procedimenti, si respira un’aria primaverile. Quasi una villeggiatura rispetto al luogo chiuso, sistematico, della ricetta. Per una volta, il piatto va solo contemplato come prodotto dello spirito, vagheggiamento dell’occhio, composizione.
Messe così le cose, per volontà esplicita del Maestro, restava solo da aggiungere delle note ai piatti.
Qualche parola, appunto, non troppe, perché l’effetto rimbalzasse nell’immagine.
Chi volesse esercitarsi nella critica della cucina di Marchesi ha, già, a disposizione formule e concetti, elaborati da Marchesi durante la sua lunga carriera.
Mi riferisco a termini chiave come la forma è materia, il bello puro è il vero buono, alla supremazia della semplicità legata a un indiscutibile senso della composizione, ad affermazioni concrete e prive perciò di retorica: chi sa cucinare fa salute, a citazioni d’ogni genere, compreso un proverbio brasiliano, particolarmente calzante: lascia com’è per vedere come rimane.
Marchesi è veramente un libro aperto, un’opera senza steccati, più forte delle parole che si possono spendere per definirla, magnificarla o sminuirla, perché, come dice lui stesso questa è la cucina della verità, ovvero della forma, quindi della materia.
a cura di Nicola Dal Falco
La seppia con il suo nero è come dire l’ostrica con la sua perla, la chiocciola con il suo guscio: ciò che vedi e ciò che si nasconde. Una metafora bella e pronta della vita, facile da vivere e misteriosa da capire. Per Marchesi, servì anche a liberarsi dall’influenza francese, da delle petulanti foglioline di cerfoglio.
La seppia al nero rappresenta quanto e più di altri piatti lo stupore e la dedizione nei confronti delle materia al punto che non c’è quasi aneddoto nel raccontarne la nascita.
«Avevo tra le mani una seppia così bella – dice il maestro - e potrei aggiungere perfetta che ho pensato solo a come mostrarla.
«Ho preso, allora, la vescica con l’inchiostro e l’ho svuotata, diluendo il nero con l’acqua e legandolo con un po’ di burro in modo che acquistasse il giusto grado di sericità.
Su questo fondo, ho appoggiato la seppia, cotta in un primo tempo in padella, ma poi, nella versione definitiva, passata al vapore.
«Cosa ho fatto? Ho esaltato la natura della seppia, portando alle estreme conseguenze l’idea che la forma, ogni forma, è materia. Quando questo concetto si trasforma in regola, la cucina si semplifica e rischia seriamente di cogliere l’essenza del discorso: come trasformare cioè la natura in cibo senza tradirla». (…)
In questo libro dove la cucina assume veste e sostanza di opera, senza dilungarsi in elenchi di ingredienti, quantità e procedimenti, si respira un’aria primaverile. Quasi una villeggiatura rispetto al luogo chiuso, sistematico, della ricetta. Per una volta, il piatto va solo contemplato come prodotto dello spirito, vagheggiamento dell’occhio, composizione.
Messe così le cose, per volontà esplicita del Maestro, restava solo da aggiungere delle note ai piatti.
Qualche parola, appunto, non troppe, perché l’effetto rimbalzasse nell’immagine.
Chi volesse esercitarsi nella critica della cucina di Marchesi ha, già, a disposizione formule e concetti, elaborati da Marchesi durante la sua lunga carriera.
Mi riferisco a termini chiave come la forma è materia, il bello puro è il vero buono, alla supremazia della semplicità legata a un indiscutibile senso della composizione, ad affermazioni concrete e prive perciò di retorica: chi sa cucinare fa salute, a citazioni d’ogni genere, compreso un proverbio brasiliano, particolarmente calzante: lascia com’è per vedere come rimane.
Marchesi è veramente un libro aperto, un’opera senza steccati, più forte delle parole che si possono spendere per definirla, magnificarla o sminuirla, perché, come dice lui stesso questa è la cucina della verità, ovvero della forma, quindi della materia.
Gruppo Gualtiero
Marchesiinfo@marchesi.it - Tel +39 02
36706660
Ristorante Marchesi alla Scala
Tel +39 02 72094338ristorante@marchesi.it - www.marchesi.it
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