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22 luglio 2016

LA SPINA. DALL'AGRO VATICANO A VIA DELLA CONCILIAZIONE


LA SPINA.
DALL’AGRO VATICANO A VIA DELLA CONCILIAZIONE
Musei Capitolini
22 luglio | 20 novembre 2016

Convenzione tra il Governatorato di Roma e gli architetti Piacentini e Spaccarelli relativa al progetto di sistemazione dei Borghi.
Primo ottobre 1937
Roma, Archivio Storico Capitolino, Fondo Contratti Atti Pubblici, 1 ottobre 1937




Nell’anno in cui gli occhi di tutti sono puntati su San Pietro e i piedi di tanti pellegrini attraversano via della Conciliazione, l’esposizione promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura e curata da Laura Petacco e Claudio Parisi Presicce, propone un viaggio a ritroso nel tempo nei luoghi che conducono alla Basilica di San Pietro, raccontandone le profonde trasformazioni dall’antichità fino al Giubileo del 1950, anno in cui ne venne completato l'arredo urbano.

La mostra “LA SPINA. Dall’agro Vaticano a via della Conciliazione”, ospitata dai Musei Capitolini dal 22 luglio al 20 novembre 2016, rievoca luoghi che non esistono più, ma sono stati a lungo custodi della memoria degli avvenimenti storici che hanno portato alla strutturazione di Roma quale è oggi, capitale dello Stato e, allo stesso tempo, centro simbolico della cristianità.

Gaspar van Wittel  (1653-1736)
Veduta di Tor di Nona
Tempera su pergamena
1682-1688
Roma, Musei Capitolini, Pinacoteca Capitolina (inv. PC 74)


Il filo conduttore della mostra è la Spina nel doppio significato di toponimo derivante dalla forma allungata dell’isolato rinascimentale, oggi scomparso, e di “corpo estraneo” che, con le demolizioni, di fatto è stato estratto dal tessuto connettivo della città.

La demolizione della Spina dei Borghi e l’apertura di via della Conciliazione materializzarono la fine del dissidio tra Stato e Chiesa grazie ai Patti Lateranensi: il pesante intervento è, infatti, giustificato dalla volontà di modificare la visuale del Vaticano anche sotto il profilo simbolico.

Umberto Sciamanna (1891-1963)
Piazza Pia, Palazzo Sauve e i Palazzi progettati dall’arch. Luigi Poletti.
1930
Da negativo su lastra in vetro
Roma, Museo di Roma (inv. XC 6190)

Dopo un inizio “immersivo”
tramite una videoinstallazione curata dall’Istituto LUCE (regia R. Sejko) e una prima localizzazione topografica dei luoghi al centro dell’esposizione, segue il racconto delle fasi di vita e di occupazione dell’area vaticana. Le trasformazioni della zona sono illustrate attraverso cartografie storiche, reperti archeologici, materiali architettonici, frammenti di affreschi staccati, vedute a stampa, dipinti, fotografie e plastici,  alcuni dei quali mai esposti prima.

L’esposizione è suddivisa in tre sezioni: Prima della Spina; La Spina dei Borghi; Cavare la “spina” a San Pietro.

Prima della Spina
Escluso dal perimetro delle mura, povero e malsano a causa dei frequenti straripamenti del Tevere, questo territorio iniziò a esercitare una forte attrazione  urbanistica su Roma solo a partire dalla prima età imperiale. A seguito di interventi di bonifica furono realizzate le prime ville suburbane, le più famose delle quali appartenevano ad Agrippina e Domizia. Lungo le principali strade extra urbane, la via Triumphalis e la via Cornelia, si addensarono diversi monumenti funerari (tra le memorie più evidenti, oggi, il mausoleo di Adriano e le necropoli vaticane).
Se il termine “Vaticano” è adesso immediatamente riconducibile a San Pietro e al cristianesimo, in età imperiale ebbe una valenza fortemente pagana: quest’area infatti ospitò un luogo di culto dedicato alla dea Cibele – chiamato appunto Vaticanum - frequentato ancora fin quasi alla fine del IV sec. d.C., in compresenza e forse in contrapposizione al cristianesimo.
Nel corso dell’alto medioevo, intorno alla Basilica si sviluppò una vera e propria area sacra con monasteri, diaconie, chiese: burgs era il termine con cui i pellegrini germanici definivano l’agglomerato da cui “Borgo”. A partire dal pontificato di Leone IV, alla metà del IX secolo, l’area venne cinta di mura divenendo una vera e propria cittadella fortificata.

La Spina dei Borghi
Lisolato stretto e allungato - da cui il nome “Spina” - compreso tra lo spiazzo antistante Castel Sant’Angelo e quello di fronte alla Basilica di San Pietro, “nasce” e “muore” a seguito di demolizioni: le prime per aprire via Alessandrina (poi Borgo Nuovo) nel 1499, le ultime per realizzare via della Conciliazione (1936-1937). Il Borgo, nato come nucleo fortificato a difesa della Basilica, durante il rinascimento si trasformò in un complesso di palazzi di alti prelati e addetti alla Curia, sede del potere pontificio.
Con la realizzazione, nel 1657, del colonnato di Gian Lorenzo Bernini la questione del raccordo tra il complesso basilicale e la Spina si pose in termini nuovi senza, però, dar luogo ad azioni concrete. L’ultimo intervento urbanistico che modificò la fisionomia di Borgo fu, infatti, la sistemazione di piazza Pia “avanti Castello” (Castel Sant’Angelo) nel 1852 ad opera dell’arch. Luigi Poletti.

Cavare la “Spina” a San Pietro
Quella dell’accesso a San Pietro è stata una questione secolare, discussa a più riprese; dopo il progetto berniniano del terzo braccio del colonnato, si susseguirono diversi progetti ma nessuno fu mai realizzato.
La questione venne ripresa quando Roma divenne Capitale d’Italia in una serie di piani regolatori con proposte discordanti, per essere risolta drasticamente insieme alla “questione romana” all’indomani dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929). Con l’approvazione del progetto da parte di Mussolini e di  papa Pio XI, si da avvio alle demolizioni: in un solo anno, dal 29 ottobre 1936 all’8 ottobre 1937 si distrugge l’isolato compreso tra Borgo Vecchio e Borgo Nuovo. 

La ‘spina’ è cavata, una ferita è sanata ma un’altra è stata aperta per aver cancellato, con questo intervento, quello che Leonardo Benevolo definiva il carattere di Roma moderna ovvero “il contrasto permanente tra tono aulico e tono popolare” e la “coesistenza della scala monumentale con la scala quotidiana”.

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